La coppia che decide di separarsi lo fa rispetto alla propria relazione affettiva e non in qualità di genitori, anche se questo accadde in molte situazioni.
Pertanto, al fine di garantire una buona ed efficace funzione genitoriale e per consentire ai figli di mantenere una buona relazione con entrambi i genitori, è indispensabile imparare a collaborare con l’ ex coniuge. Per tale motivo, sarebbe ideale, dopo una separazione, improntare la relazione stessa su una “genitorialità condivisa”.
Genitorialità condivisa …
In questa condivisione ci è una “riorganizzazione della vita familiare” Delle relazioni, ognuno impara a rispettare i reciproci spazi, nell’interesse dei propri figli.
Diventa pertanto indispensabile imparare a collaborare con l’ex coniuge, per poter così garantire l’esercizio della funzione genitoriale, consentendo ai figli di avere un normale rapporto affettivo con entrambi i genitori. Inoltre l’accesso alla relazione con il genitore non
convivente è anche una garanzia di accesso ad entrambe le storie familiari.
La situazione ideale dopo la separazione sarebbe quella improntata all’esercizio di una
genitorialità condivisa, in cui i genitori devono riorganizzarsi, rispettando i reciproci spazi,
per poterla esercitare insieme nell’interesse dei figli.
Coniugi e/o genitori: la componente emotiva
Diventa molto difficile mantenere il giusto distacco tra coniugalità e genitorialità, soprattutto nella fase iniziare della separazione, in cui le emozioni sono più intense.
Sarebbe opportuno non lasciarsi travolgere dal flusso emozioni, dalla delusione profonda che accompagna ogni separazione e cercare di mantenere il controllo della situazione, tenendo presente l’obiettivo più importante: salvare il buono del legame che c’è stato, riconoscendosi la comune responsabilità genitoriale.
La separazione in sé
Non si tratta di un evento assolutamente negativo anzi, la separazione è connaturata alla esistenza dell’essere umano. La vita di ogni individuo è connotata da momenti separativi, pensiamo alla nascita come separazione, o allo svezzamento e crescita come separazione, e infine alla morte come separazione definitiva. In questo senso la separazione è contenuta all’interno di tappe evolutive che normalmente devono verificarsi.
E’ importante tenere sempre presente che essa rappresenta certamente una delle fasi più
delicate e stressanti della storia familiare, accompagnandosi a stati d’ansia, depressione,
incertezza e disorientamento dei singoli membri coinvolti.
Il conflitto …
Considerando la separazione come una fase fisiologica della vita, è facile comprendere come non sia la separazione in sé a generare ripercussioni negative, ma è come gli individui affrontano tale evento che può portare a esiti più o meno gravosi. Il conflitto in sé non è negativo, bensì è una forza neutrale, dalla quale si può prendere spunto per la propria crescita personale e il cambiamento. Ciò che conta è se c’è la volontà di affrontare e gestire il conflitto in modo maturo e responsabile.
Separazione: un lavoro di coppia
E’ in questo contesto che la Mediazione familiare può essere considerata un valido strumento, a disposizione delle coppie che intendono separarsi in modo maturo e responsabile, aiutandole
nell’elaborazione della fine della propria unione. La separazione pertanto diviene un lavoro di coppia, così come insieme ci si sposa, così insieme ci si separa. L’obiettivo comune è quello di gestire insieme il conflitto, nonchè ridefinire i nuovi confini familiari.
L’energia generata dal conflitto può essere utilizzata in modo costruttivo, anziché distruttivo e quando i conflitti vengono risolti in modo cooperativo invece che attraverso la contestazione, le relazioni possono uscirne migliorate e addirittura rafforzate. Se c’è buona volontà da parte dei coniugi, percezioni ed atteggiamenti reciproci possono cambiare così in seguito, la mutata atmosfera di apertura, ascolto e cooperazione può irradiarsi da essi ad altri membri della loro famiglia. Risolvere un conflitto significa andare oltre le singole ragioni dell’uno o dell’altro, si lasciano perdere colpevolizzazioni inutili per
lasciare spazio al riconoscimento dell’altro e delle reciproche differenze, ai fini del raggiungimento di un obiettivo di comune interesse.